giovedì 1 settembre 2011

Il limite della legge.La mia approvazione della concezione politica di Kelsen

La filosofia del diritto di Hans Kelsen,dato che si occupa dell'ordinamento giuridico,in modo del tutto slegato da ogni teoria politica,non prende posizione a favore del principio,secondo cui la legge deve far sì che la libertà di ogni cittadino non sia di ostacolo a quella di un altro,difeso,invece,come abbiamo visto da Kant e,come vedremo,da Popper.Infatti Kelsen scrive:"Ho intrapreso a svolgere una dottrina pura del diritto,cioè una dottrina depurata da ogni ideologia politica".(Hans Kelsen.Lineamenti di dottrina pura del diritto.Edizione Einaudi,pagina 41)."La dottrina pura del diritto è soltanto l'espressione di una determinata valutazione politica.Ma quale? I fascisti la qualificano un liberalismo democratico,i liberali o i socialdemocratici la considerano come precorritrice del fascismo.Da parte comunista è disprezzata come ideologia d'uno  statualismo capitalista,da parte del capitalismo nazionalista è disprezzata come crasso bolscevismo o come anarchismo mascherato.Il suo spirito,afferma più d'uno,è imparentato con la scolastica cattolica;altri,invece,credono di riconoscervi i segni caratteristici di una teoria protestante dello stato e del diritto.E non mancarono anche coloro che vollero stigmatizzarla come atea.In breve non c'è in genere nessun indirizzo politico,a cui la dottrina pura del diritto non sia stata ancora sospettata d'appartenere.Ma questo fatto serve a dimostrare la sua purezza,certo assai meglio di quanto non possa farlo essa stessa".(Opera citata,pagina 44).Va,comunque,precisato,come ricorda lo storico della filosofia del diritto,Renato Treves,nella prefazione ai "Lineamenti di dottrina pura del diritto",che,"Kelsen ha scritto numerosi saggi in difesa della libertà e della democrazia ed è stato l'autore del progetto di Costituzione della Repubblica Austriaca, del 1920,progetto fondato,appunto,su quei principi".(Opera citata,pagina 19).Torniamo,adesso,ad esaminare la concezione della legge del filosofo del diritto Kelsen.Oltre che dalla politica,il diritto deve essere distinto dalla morale:"Importa qui,anzitutto,liberare il diritto da quel legame per cui è sempre stato unito alla morale.Con ciò,naturalmente,non si vuole certo mettere in dubbio l'esigenza che il diritto debba essere morale,cioè debba essere buono.Questa esigenza è di per sè comprensibile.Si respinge,solamente,la concezione per cui il diritto, come tale,faccia parte integrante della morale".(Opera citata,pagina 56).Nè le leggi rappresentano la società priva di difetti e neppure possono procurare ai cittadini la felicità:"Di fronte alla presenza di un ordinamento sociale assolutamente buono,risultante dalla natura o dalla ragione o dalla divina volontà,l'attività del legislatore statale sarebbe l'insensato tentativo di illuminare artificialmente la splendente luce solare.La giustizia è un ideale irrazionale.Per quanto essa possa essere indispensabile per la volontà e l'azione dell'uomo,essa non è però accessibile alla nostra conoscenza".(Opera citata,pagine 58,59)."E' inevitabile che la felicità dell'uno possa essere a volte,incompatibile con quella dell'altro.E non esiste neppure la possibilità di un ordinamento giusto,anche supponendo che questo cerchi di procurare non la felicità individuale di ciascuno,ma la maggior felicità possibile del maggior numero di persone.La felicità che un ordinamento giuridico può assicurare,può essere felicità solo in senso collettivo,cioè la soddisfazione di certi bisogni,quali sono,per esempio,i bisogni dell'alimentazione,del vestiario e dell'abitazione.Ma quali sono i bisogni degni di essere soddisfatti e quale il loro ordine di precedenza? La soluzione di un cristiano credente,che considera più importante il bene della propria anima,nella vita futura,che i beni terreni,differirà da quella di un materialista che non crede nella vita ultraterrena;e vi sarà una differenza analoga fra la soluzione di chi considera la libertà individuale come il massimo bene e quella di chi considera l'eguaglianza fra tutti gli uomini, come un valore superiore a quello della libertà.I problemi di determinare se abbiano un maggior valore i beni spirituali o materiali,la libertà o l'eguaglianza non possono essere risolti razionalmente".(Hans Kelsen.La dottrina pura del diritto e la giurisprudenza analitica in appendice ai Lineamenti,pagine 174,175).Invece il filosofo,praghese,Kelsen così intende la legge e il suo ruolo:"In una proposizione giuridica a una determinata condizione,è unito come conseguenza,l'atto coattivo dello stato,cioè la pena e l'esecuzione.Illecito è quel determinato comportamento dell'uomo che,nella proposizione giuridica, viene posto come la condizione,per cui si rivolge,contro di esso,l'atto coattivo posto nella proposizione stessa come conseguenza".(Lineamenti di dottrina pura del diritto,pagine 66,67)."Il diritto non comprende l'uomo nella sua totalità,con tutte le sue funzioni spirituali e corporali,ma qualifica come obblighi o autorizzazioni,soltanto,atti umani ben determinati.In altri termini:l'uomo non appartiene alla comunità costituita dall'ordinamento giuridico come un tutto,ma vi appartiene,soltanto,con alcune delle sue particolari azioni od omissioni,in quanto queste sono,appunto,regolate da norme dell'ordinamento della comunità".(Opera citata,pagine 87,88).La legislazione,pertanto,secondo Kelsen,controlla,solo,taluni comportamenti dei cittadini e non tutta la loro vita.

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